La nuova legge di cooperazione nasce vecchia

I COMMENTI DEL CIPSI ALLA COMMISSIONE ESTERI DEL SENATO. Barbera (CIPSI): “Il mondo è andato avanti e questa proposta rischia di risultare già vecchia, di fronte agli scenari di crisi, di migrazioni…  e manca di coraggio. TUTTI diventano improvvisamente “soggetti della cooperazione”, anche imprese commerciali e con finalità di lucro – comprese le banche: non siamo d’accordo. Crediamo che un Ministero della Cooperazione o una cabina centrale alla Presidenza del Consiglio sarebbero la risposta chiara alla volontà per una vera politica di cooperazione”.

Roma, 20 marzo 2014 Guido Barbera, Presidente di Solidarietà e Cooperazione CIPSI – Coordinamento di associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale – ha commentato il DDL n. 1326 nell’ambito dell’esame dei disegni di legge sulla riforma  della cooperazione allo sviluppo dalla Commissione Esteri del Senato, affermando che la nuova Legge della cooperazioen Italiana, nasce già vecchia! Nel corso dell’Audizione Barbera ha sintetizzato la posizione ufficiale del CIPSI sul nuovo disegno di legge sulla cooperazione internazionale, e ha evidenziato i seguenti punti essenziali.

  1. “Il mondo è andato avanti e questa proposta rischia di risultare già vecchia, di fronte agli scenari di crisi, di migrazioni, di continuo aumento dello spread tra miseria e povertà, tra fasce sociali, anche a casa nostra. Oggi la cooperazione ha scenari nuovi. Ha un’identità nuova. Chiede ruoli, ma soprattutto una politica diversa. Una politica non più di aiuti allo sviluppo, ma una politica dei diritti e dei beni comuni per tutti i cittadini.
  2. L’attuale proposta, sembra quasi rispondere più alle necessità di accontentare tutti per “fare la riforma”, piuttosto che rispondere alle necessità delle persone e della cooperazione. Tutti, diventano improvvisamente “soggetti della cooperazione”, anche imprese commerciali e con finalità di lucro – comprese le banche. Ci chiediamo come possano, dopo essere state causa della crisi, far parte di relazioni solidali e paritarie tra popoli?
  3. 3.    Di fronte allo scenario in cui viviamo, una riforma della cooperazione di questo tipo, sembra quasi collocarsi più come strumento per favorire l’operatività internazionale dei “nuovi soggetti riconosciuti” e facilitare la possibilità di gestione “italiana” di fondi multilaterali, ossia: “non abbiamo soldi noi, facciamo cooperazione con gli altri”!
  4. 4.    Esiste un problema di identità e di politica che questa legge non affronta in quanto:
  • Mantiene la cooperazione all’interno del Ministero degli Esteri e della Cooperazione quale: “parte integrante e qualificante della politica estera dell’Italia”. Se la cooperazione deve confrontarsi con i flussi migratori, le problematiche di inclusione sociale, le situazioni globali che costituiscono il ciclo di vita completo dei cittadini e di una società, perché relegare la cooperazione alla sfera degli esteri e non innalzarla invece alla “cabina di regia” della politica del Paese, delegando gli Esteri di farsi portatori nel mondo delle nostre proposte. Un Ministero della cooperazione o una cabina centrale alla Presidenza del Consiglio, sarebbero la risposta chiara alla volontà di una vera, concreta e coerente politica di cooperazione.
  • Si aumentano ulteriormente i luoghi decisionali e gestionali della cooperazione e non si identifica un responsabile “unico”. Tale situazione non risponde ai principi di efficacia ed efficienza. Riteniamo essere indispensabile avere un responsabile unico politico a cui risponde un responsabile unico esecutivo (Agenzia).
  • 5.    Il testo base del DDL 1326 paga l’assenza di coraggio di un cambio radicale di politica. La politica che ci occorre deve rimettere al centro le persone. Deve rivolgersi a implemetare rapporti paritari e di giustizia tra i Paesi e le loro comunità, sostenere processi partecipativi e di autogoverno, ridisegnare sovranità democratiche. Non può fare questo attraverso soggetti e strumenti che, per natura, operano nella competizione e per il guadagno. Non possiamo continuare a destinare il 50-60% di fondi in aiuti di stato, ben conoscendo l’inneficacia, l’inneficenza e la corruzione presenti, destinando invece il 10-15% a quella società civile che tutti sappiamo resistere, combattere giornalmente per la sopravvivenza e per i propri figli! Poi ci lamentiamo e ci stupiscono se salgono sui barconi per morire nel nostro mare! La cooperazione non può utilizzare quegli strumenti e quei soggetti che stanno producendo quelle cause di miseria, ingiustizia, divario crescente, che invece dovrebbe affrontare e cambiare. Non c’è democrazia senza partecipazione! Non ci può essere cooperazione senza partecipazione. L’eccezionale innovazione della 49 che riconobbe il ruolo della società civile nella cooperazione, nel DDL 1326, sembra per lo meno annebbiarsi, mentre il mondo intero riconosce il ruolo delle donne in Africa, dei Movimenti per l’acqua in Bolivia, dei contadini in Brasile, nel Sahel ecc.

Questa proposta manca di coraggio. Noi ugualmente siamo convinti che sia necessaria una nuova legge, ma non ci accontentiamo. Siamo convinti che sia possibile oltre che necessario, fare una legge migliore, di più alto profilo, come lo è stata la 49 nel 1987. Liberiamoci però dai tatticismi politici, istituzionali e non, per non arrivare semplicemente ad una legge, già vecchia”.

 

Ufficio Stampa: Nicola Perrone, ufficiostampa@cipsi.it , cel.329.0810937

 

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